lunedì 13 febbraio 2012

Intervista al Presidente Tobia




Sergio Tobia, presidente del Livorno Rugby, spiega così le difficoltà del momento, sottolinea l'impegno e lo spirito della squadra, ribadisce i valori su cui basa il suo lavoro e svela i suoi progetti.



Presidente Tobia, la stagione non sta riservando molti sorrisi. Finora una sola vittoria. Si immaginava a inizio campionato di trovare la squadra così in difficoltà?
La stagione si è rivelata molto difficile ed impegnativa. Ad inizio campionato eravamo perfettamente coscienti delle potenzialità del gruppo, ma non ci siamo tirati indietro. Io credo che lo spirito dello sport consista nell'accettare le sfide e trovare in questo la ragione più profonda per praticarlo. Il nostro regolamento non prevede retrocessioni programmate, con le quali scegliere il campionato "ad hoc" per il tabellone. E' per questo che, con l'approvazione entusiasta di tutto il gruppo, abbiamo accettato la sfida della serie A, trovando in essa valori che vanno oltre il risultato.
Quali erano e sono, dunque, gli obiettivi reali?
La crescita e l'impegno sempre maggiori, testimoniati da una assidua partecipazione agli allenamenti non comune neanche nelle stagioni stellari, erano i nostri principali obiettivi. Anche la nostra squadra cadetta, impegnata in C, poteva agevolmente primeggiare nei gironi C2 o C3, ma questa appartenenza al Livorno Rugby l'ha obbligata al più impegnativo C1, per una sorta di "reverenza" che il Comitato Regionale ha voluto tenere. Quel gruppo, risicato, malandato e anche "tradito" da molti, che poco rispetto hanno avuto nei propri compagni, si sta facendo onore proprio per la qualità della sfida. Che problema c'è in fondo: quando mai un saltatore mette l'asticella un centimetro sotto le sue possibilità o un corridore si prepara per un tempo più lento del suo standard?
Al di là di questa sfida, si poteva fare di più? Più precisamente, sono state prese delle decisioni o fatte delle scelte che oggi non rifarebbe?
Assolutamente no. Il tabellone che ci vede ultimi non preoccupa, sappiamo che le altre squadre sono più "attrezzate" di noi. Il rugby è uno sport estremamente crudo e sincero, ma soprattutto è concreto, perciò è difficile che i valori fisici non predominino. Se il tabellone mostrasse crescita ed impegno non saremmo secondi a nessuno.
Molti protagonisti della salvezza passata sono andati via. Può aver influito sia tecnicamente che psicologicamente?
Il gruppo rimasto ha reagito bene, accettando la scelta motivata di questi giocatori e rispettandola. Non ho mai sentito lamenti, né ricerca di alibi o giustificazioni alle sconfitte, con riferimento a queste decisioni. Lo sport, specie in un ambiente dilettantistico, deve sempre tener conto anche della vita fuori dal campo, soprattutto per quanto riguarda il lavoro e lo studio. Ci sono scelte, che seppur molto dolorose, devono esser fatte. In questo senso, va apprezzato chi ha onestamente ritenuto che i proprio impegni non avrebbero potuto consentire una preparazione ottimale. Le critiche, poi, sono utili e certamente porteranno dei miglioramenti, seppure nei tempi necessari e con la collaborazione di tutti.
Si riferisce a qualcosa in particolare?
C'è stato qualche disappunto soprattutto su un aspetto. Dobbiamo ammettere che il nostro tentativo di gestione semiprofessionistica si è rivelato poco fortunato, ma tutto il movimento sportivo dilettantistico italiano, abituato a vivere di sponsor non più disponibili in questi tempi di crisi, sta incontrando problemi.
E i ragazzi che hanno preferito indossare altri colori?
Per quanto riguarda i giocatori che hanno scelto destinazioni più ambiziose, come Martinucci, questo non ci fa altro che piacere, in quanto perfettamente in linea con il nostro desiderio di preparare i ragazzi al meglio. Il CUS Verona ci prospettò un ambizioso progetto che effettivamente non vediamo concretizzarsi, ma pareva un trampolino ideale per questo ragazzo con grandi aspettative.
Come stanno vivendo questa situazione i giocatori? Sentono ancora il vostro supporto?
Lo spirito di squadra e l'impegno individuale sono tali, da sorprendere anche un incallito idealista come me. Sono veramente encomiabili sotto tutti gli aspetti.
E l'allenatore?
Sosteniamo pure l'allenatore al 100%. Sta affrontando una sfida nuova e difficile per la sua carriera. Ricordiamoci che è alla seconda stagione di serie A1, senza precedenti esperienze in serie minori. E' stato "gettato nella mischia", con un impegno certamente maggiore alle sue potenzialità curricolari, rischiando di bruciarsi subito. Un avvio più modesto lo avrebbe maggiormente tutelato, ma non si è tirato indietro di fronte a questa chiamata. Il ruolo del padre, Vice Presidente della Federazione, lo ha poi esposto a mille e facili critiche, come se questa ipotetica "raccomandazione" lo avesse portato alla panchina delle nazionale, piuttosto che su quella di una squadra che lotta per non retrocedere. Anzi, credo che ci sia molto di Diego nella tenuta psicologica di questo gruppo, insieme con l'esperienza e saggezza del suo assistente, Massimo Goti, indomito lottatore.
Cosa ha detto loro per mantenere le motivazioni e la determinazione necessarie per concludere degnamente il campionato?
Coi ragazzi ho voluto insistere sulla ricerca delle motivazioni individuali: "Il lupo come spirito del branco, per un branco che sia poi capace di formare lupi". Così diceva Kipling, intendendo la pedagogia come una formazione dell'uomo adulto inserito nella società, capace poi di modificarla e migliorarla. Cos'è infatti lo sport se non la metafora della vita stessa?
Quali progetti o cambiamenti ha in mente per il futuro?
Vivere e migliorare il cambiamento in atto. Portare il Livorno Rugby ad eccellere ancora di più nella formazione. Le squadre seniores sono per noi il punto di arrivo e chiediamo un impegno ai giocatori adulti, che sia di esempio e stimolo ai più giovani. Con tutto il rispetto, non ci interessa l'aspetto ludico per gli adulti, tipico degli ambiti amatoriali. Noi facciamo e vogliamo fare formazione e possibilmente vivere di questo, anche nel sostegno economico. Avere una squadra seniores eccellente, totalmente frutto del nostro vivaio, è il nostro sogno ed obiettivo, oltre a vedere il maggior numero di nostri ragazzi giocare anche a livelli più alti, come diversi stanno già facendo. Approfitto per complimentarmi e rallegrarmi per il recente inserimento di Alberto Chiesa nella schiera dei permit players, giocatori che la Federazioni ritiene validi per un livello internazionale. Complimenti a lui, a chi lo ha allenato e ai dirigenti ed accompagnatori che gli hanno reso possibile questo traguardo importante.
Lei si occupa da molto tempo del settore giovanile, che sta ottenendo ottimi risultati. Credo che ne sia estremamente soddisfatto.
E' vero ciò che dici. Ho sempre legato e motivato il mio impegno a questo valore educativo e sociale dello sport. Particolarmente del rugby, per me sport principe per gli aspetti pedagogici. Avere poi ottenuto l'onore di ospitare e gestire un centro formativo per la federazione è stata la ciliegina sulla torta. Che riconoscimento migliore di questo?
Come ha appena detto punterà proprio sui giovani, sul vivaio, magari sfruttando il citato centro federale. Come procede quest'ultimo?
Il Centro ha avuto recentemente la visita del Responsabile Nazionale George Coste, che, insieme al Direttore Tecnico Gianluca Guidi e all'assistente "di rango" Alessandro Troncon, ha elogiato il lavoro svolto fino ad oggi. In poche settimane siamo riusciti a ottenere la massima efficienza. Il Livorno Rugby, inoltre, ha anticipato i tempi di questo progetto che coinvolgerà altri nove club "storici" in Italia, in quanto siamo partiti per primi nel Settembre scorso, mentre gli altri partiranno dalla prossima stagione. E' stato pertanto molto più impegnativo e dobbiamo ringraziare chi ha reso possibile, insieme a Diego, questa opportunità, ovvero Andrea Saccà, Andrea Brancoli, Riccardo Squarcini e tutti i loro assistenti e collaboratori.
In Serie A, Livorno ha sempre un po' "faticato". Cosa le manca o cosa la distingue rispetto alle realtà più solide?
Certamente il professionismo ci è precluso a questi livelli, ma neanche rientra nei nostri progetti. Ovviamente, i risultati ottenuti con i denari non sono quelli che fanno testo sul piano sportivo. Vorrei, però, citare la dedica di Nino Saccà al libro di Maurizio Ottone "Livorno Rugby 1931 - Storia e cronaca di un'avventura sportiva livornese": " ... mi vengono a mente le parole di George Coste, che, una volta, quando era commissario tecnico della nazionale, mi disse che il livornese aveva più di ogni altro il carattere per praticare questo sport, fatto di coraggio, di determinazione e di forza, ma anche di generosità, creatività e spirito di amicizia, proprio come i francesi del sud".
I biancoverdi, al di là di tutto, continuano a ricevere stima e considerazione, proprio in virtù di quanto detto.
Tutti i club, in Italia, vengono a giocare a Livorno con timore e rispetto e, quando vincono, i giocatori vanno via felici, come se avessero vinto un campionato. Vincere a Livorno è sempre un qualcosa che ti rimane dentro. Lo so perché viaggio parecchio e tutti quelli, a cui è capitato, lo rammentano, vecchi e giovani. Livorno è indubbiamente un punto di riferimento nel rugby italiano. Vedo club con grandi risorse economiche fare fatica a mettere insieme squadre competitive, proprio per mancanza di uno "spirito" di fondo legato alla terra (o al mare) dove sei nato, al luogo natio come "casa dell'anima", di quelli che si respirano in Galles o in Provenza, dove c'è addirittura una chiesa dedicata ad una Santa Maria del Rugby. Mi domando cosa potrebbe accadere se questi semi li piantassero a Livorno. Se ne vedrebbe delle belle. Ma questo è un altro sogno.

di Fabio Giorgi